Eccoci qua, dopo una lunga pausa estiva torno a lanciare sguardi sul nostro territorio o in giro per il mondo, soffermandomi su temi diversi ma molto importanti ed attuali. Oggi voglio iniziare la nuova stagione riflettendo un po’ sui rinomati e ormai rari prodotti così detti dell’orto, parlando quindi di agricoltura ma più precisamente di biodiversità agricola.
Innanzitutto voglio specificare che quando si parla di biodiversità, in generale, si intendono tutte le forme di esseri viventi geneticamente diversi e dei loro ambienti ai quali sono legati, implicando così tutta la variabilità biologica che va dai geni, alle specie, fino agli habitat per finire con gli ecosistemi.
La biodiversità agricola quindi rappresenta un suo sottoinsieme e comprende tutte le varietà e razze locali di interesse appunto agricolo, zootecnico e forestale, selezionate nel corso dei secoli dall’uomo, che le utilizza per scopo alimentare o ornamentale.Purtroppo il così detto progresso ha fatto si che molteplici varietà vegetali non vengano più coltivate perchè ritenute poco redditizie, lasciando in questo modo spazio ad altre più produttive ma provenienti anche da regioni molto lontane. Il discorso vale ovviamente anche per l’allevamento di alcune razze animali tradizionali. Inutile dire che questi cambiamenti, soprattutto ai prodotti agricoli, hanno portato una serie di svantaggi tra cui la maggiore vulnerabilità alle condizioni climatiche territoriali e ai fattori di stress tra i quali le malattie, i funghi e gli insetti infestati, implicando così l’utilizzo di agenti chimici tipo fertilizzanti e fitofarmaci.Sentiamo quindi discutere ultimamente spesso di biodiversità in campo agricolo in quanto si cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla grande importanza di mantenere un tipo di agricoltura tradizionale per contribuire a conservare varietà vegetali e razze animali magari meno produttive ma sicuramente di qualità molto più elevata e quindi migliore per la nostra salute.
Si apre così il dibattito contro gli OGM, ritenuti pericolosi in quanto potrebbero diventare infestanti e diffondersi nell’ambiente a discapito di altre coltivazioni, sballando così l’ecosistema. Gli OGM si difendono sostenendo che questo potrebbe avvenire solo nel momento in cui il gene introdotto porti un vantaggio selettivo nei confronti delle altre piante, cosa che se mai dovesse avvenire sarebbe sufficiente un ulteriore sperimentazione e quindi modifica del gene per renderla inoffensiva.
Dato che il Piemonte è particolarmente ricco di biodiversità grazie alle numerosi varietà locali di fiori, frutta, uva, ortaggi e cereali, ma anche grazie ai polli, galline e alle razze ovine e bovine, la nostra regione nel corso degli anni ha sviluppato diversi progetti per la salvaguardia della diversità genetica al fine di reintrodurre speci vegetali e animali a forte rischio di abbandono. Proprio a causa delle sementi OGM però, e dei continui tentativi di introdurle sul mercato, la conservazione delle sementi locali in Italia, come in altri Paesi del mondo, è sempre più minacciata, sia a causa della possibile produzione delle OGM da parte di multinazionali sia per alcune lobby presenti nell’Unione Europea che vorrebbero vietarne lo scambio che regolarmente avviene da sempre nelle comunità agricole.
Penso che se mai dovesse avvenire un blocco delle sementi questo comporterebbe un utilizzo obbligato di OGM, quindi oltre a non avere più i nostri veri prodotti locali a km 0 non avremmo neppure più l’unicità del prodotto, la sua naturalità (già ora compromessa da piogge acide e inquinamento), e verremmo così privati anche della possibilità di scegliere cosa coltivare e cosa mangiare. So che viviamo in un mondo dove per la maggior parte delle persone l’ultima cosa su cui ci si sofferma sia la provenienza del cibo che troviamo sugli scaffali dei supermercati piuttosto che nei nostri piatti e proprio per questo voglio concludere con una frase abbastanza profonda e significativa che dovrebbe far riflettere tutti voi lettori:
“I semi sono la fonte della vita e il primo anello della catena di produzione del cibo. Poter controllare i semi significa poter controllare le nostre vite, il nostro cibo, la nostra libertà”.
(Vandana Shiva, attivista per la difesa delle sementi locali)