“Non si parla di noi nei tg perché non siamo un popolo di terroristi” così esordisce Omar Mih, delegato del Fronte Polisario in Italia, alla conferenza organizzata presso la Sala consiliare di Meina, venerdì 18 ottobre, per sensibilizzare gli italiani sulla situazione del popolo Saharawi.

Originario del Sahara occidentale il popolo Saharawi ha rinunciato da 20 anni alle armi e all’azione violenta e cerca di arrivare all’indipendenza grazie alla diplomazia. Colonia spagnola per circa un secolo, il Sahara occidentale nel 1960 viene inserito nella lista dei paesi decolonizzati. Nel 1973, raggiunto il sì alla decolonizzazione dalla Spagna, il Polisario effettua il suo primo congresso prima tappa fondamentale per arrivare al referendum di autodeterminazione. A ottobre 1975 i territori abitati dal popolo Saharawi vengono invasi dal vicino Marocco che vuole sfruttare le risorse naturali della zona (i fosfati prima, il petrolio recentemente). Da allora sono passati 38 anni, 16 di guerra e 20 di pace, in cui parte del popolo Saharawi vive in condizioni di segregazione nei territori occupati e un’altra parte vive nella vicina Algeria, nelle tende montate nel più inospitale deserto della terra.

Presenti alla tavola rotonda di Meina, oltre al delegato Omar Mih, diversi amministratori della zona, il sindaco Paolo Cumbo, la senatrice Elena Ferrara, già sindaco e consigliere di Oleggio e rappresentante del gruppo interparlamentare popolo Saharawi, Massimiliano Caligara, Amici del lago Onlus e Filippo Borroni, assessore meinese e rappresentante della Provincia al tavolo.  “Il popolo Saharawi – dichiara la senatrice Ferrara – deve diventare un modello per le situazioni dittatoriali. Devo ringraziare il vostro territorio, le associazioni e la società civile che, sempre attenti, coinvolgono l’amministrazione. La politica ha da imparare dalle azioni di solidarietà che le associazioni propongono”.

Dal 1991 – ribadisce Omar Mih – il popolo Saharawi e l’ONU ribadisce che la soluzione del conflitto è un referendum per l’autodeterminazione. Vogliono essere un piccolo esempio di democrazia. I territori occupati sono delle vere e proprie prigioni a cielo aperto e ogni giorno i saharawi subiscono episodi di violenza da parte della polizia. Violenza su una popolazione che il dispetto più grosso che può fare è cambiare la bandiera.” Alla domanda su quanto durerà ancora la non violenza del popolo Saharawi Mih risponde: “Durante l’ultimo congresso i giovani hanno dato un ultimatum, e visto che 16 anni di guerra hanno portato più vicino ad una soluzione che 20 anni di pace,  è presumibile che la non violenza possa durare ancora poco. Io auspico un proseguimento della lotta pacifica del mio popolo, la guerra può portare solo problemi maggiori al popolo Saharawi. Ma la cosa più terribile che possa capitarci è essere dimenticati. Quindi continuerò a raccontare, e prego tutta l’Italia di farlo, per non dimenticare il dramma del mio popolo.”

A termine dell’incontro il sindaco Paolo Cumbo ricorda che: “Un gemellaggio con il popolo Saharawi non possiamo farlo, ma ci è stato proposto un patto di amicizia e se i comuni limitrofi, la provincia e le associazioni vorranno aiutarci a sottoscriverlo lo consegneremo alla senatrice per estenderlo nazionalmente. Non è tantissimo ma è un minimo gesto per non farli sentire soli” 

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