Bakunin, il leone e il coccodrillo“, lo spettacolo messo in scena da Hervè Ducroux, mette in pratica quello che è il grande sogno della sua autrice, Dacia Maraini: un Teatro sull’acqua.

Non è solo il nome dato alla manifestazione che è ormai al suo quarto anno e che, come ha detto il sindaco Gusmeroli, cammina sulle sue gambe, ma è ciò che la Maraini ha sognato e ha affidato a Ducroux perché lo realizzasse. Il palco perde le sue normali connotazioni e diventa uno specchio d’acqua, racchiuso tra il molo aronese e una piccola piattaforma. A calcarlo non solo attori, ma barche, luci, riflessi. Come scenografia, la vista su Angera, il cielo stellato e una luna rossa.

La storia narrata è quella di Bakunin, padre dell’anarchia, e del suo scontro con il giovane Necaev, irruento e senza scrupoli pur di difendere i propri ideali, tanto da arrivare ad uccidere un dissidente. Ma Necaev non è il solo che Bakunin deve fronteggiare: c’è anche l’opposizione della moglie, sfinita dalla fame e dalle fughe e che supplica una vita migliore per sé e per il figlio, e di Marx, portatore dell’ideologia comunista. A interpretare i ruoli chiave dello spettacolo sono Maurizio Donadoni nel ruolo del titolo, Karina Arutyunyan in quello della moglie, Edoardo Siravo in quello di Marx, Massimo Nicolini in Necaev , Tiziana Bergamaschi nel ruolo della nonna che racconta al nipotino (il piccolo novarese Samuele Corrado) la vicenda, rievocandola dall’acqua.

Come spiega il sottotitolo, il quesito che l’autrice vuole porre al pubblico è :” Il fine giustifica i mezzi?“. L’ovvia risposta che lo spettacolo veicola è negativa, ma non banalizzata. Vengono rese tutte le difficoltà di farsi portatori di un’ideologia, con conseguenze da pagare sulla propria pelle. A rendere suggestivo uno spettacolo che altrimenti rischierebbe di essere pesante, vuoi per i temi impegnati, vuoi per le parti di dialogo in russo, la scenografia unica del Lago Maggiore. Gli attori danno di sé buona prova, in particolare la Arutyunyan, che date le sue origine è particolarmente adatta al ruolo. Anche le comparse locali contribuiscono alla riuscita dell’opera e mettono una firma aronese sulla regia di Ducroux, che fino all’ultimo dirige con i gesti e con lo sguardo la scena, fino ai lunghi applausi finali in cui il cast esegue quasi una coreografia. Uno spettacolo realizzato con molto impegno e portato a termine negli ultimi giorni prima del debutto, che è stato un po’ una sorpresa anche per l’autrice Maraini, soddisfatta della riuscita e del successo di pubblico ottenuto. Una “via d’acqua” è stata intrapresa quest’anno e verrà sicuramente continuata nelle prossime edizioni del Festival, che mira, non è un segreto, ad un teatro galleggiante che unisca le sponde del Maggiore.

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