Piazza San Graziano gremita nonostante l’ora (le 17), nonostante il giorno (un giovedì di metà settembre). Diversamente non potrebbe essere per un premio Nobel italiano, Dario Fo, che presenta il suo ultimo libro su Lucrezia Borgia, La figlia del papa, e dialoga con Dacia Maraini.

Ancor prima dell’incontro Fo è circondato da giornalisti e ragazzi che lo ascoltano mentre parla, panama bianco in testa e l’immancabile sorriso sornione sul volto. Poi è il momento di calcare il palco per replicare alle domande della Maraini, a cui Fo risponde da attore, in piedi, recitando il suo pensiero e la storia che ha scelto di narrare nel libro.

Una storia famosa, quella di una donna figlia del papa, Bonifacio VIII, sorella di Cesare Borgia, il Valentino, e forse amante di entrambi. La storia ha sempre descritto Lucrezia come una lussuriosa approfittatrice, ma Fo ha voluto narrare un’altra versione dei fatti, restituire la verità al personaggio. Dopo ricerche compiute assieme al suo team, emerge la figura di una ragazza forte, che si indegna quando le viene rivelato chi è suo padre, che è usata come merce di scambio in politica e che sa essere rivoluzionaria. Tra le pagine del libro spiccano episodi interessanti: Lucrezia è stata infatti capace di allestire un esercito per battere Venezia, impresa per nulla semplice, e di vivere una storia d’amore sincero con il poeta Pietro Bembo.

La Maraini fa domande precise all’autore, che quasi si perde nei meandri del racconto tanta è la passione con cui racconta la vita di Lucrezia. Si vede bene la sua ammirazione per questa donna spietata, ma anche colta, sincera e diretta. Alla domanda sul senso di questo personaggio oggi, Fo risponde: “Lucrezia ci insegna come tutto si possa buttare all’aria e si possa inventare un altro modo di stare al mondo“.

Da attore e artista a tutto tondo qual è, Fo rivela anche che ha preparato uno spettacolo teatrale sull’argomento, con tanto di sagome che entrano sul palco e quadri a fare da scenografia. I ringraziamenti finali vanno a Franca Rame, presente nelle prime file, e alla Maraini: “Essere qui è il mio atto d’amore per Dacia“. Solo la presenza di un secondo incontro con l’autore riesce a fermare l’eloquenza di Fo, che si concede infine al pubblico per la firma delle copie del suo libro.

 

A succederlo sul palco Lidia Ravera. L’autrice, che ha raggiunto la notorietà nel 1976 con il romanzo “Porci con le ali” scritto a quattro mani con Marco Lombardo Radice, oggi ha all’attivo quasi 30 titoli ed è Assessore alla cultura e allo sport della Regione Lazio. Al pubblico aronese presenta il suo ultimo lavoro, “Piangi pure“, la storia di un amore senile. Alla domanda sul perché di tale argomento, la Ravera risponde:” La scrittura è un modo per esorcizzare le paure. Su 29 libri che ho scritto 20 parlano di morte e vecchiaia, perché sono un mio grande timore“. Un “amore nei tempi supplementari“, quindi, narrato attraverso il diario della protagonista, Iris, che si apre e si concede la possibilità del desiderio per Carlo, vecchio psicanalista affetto da una grave malattia.

Ma il libro affronta un anche un altro tema, quello dell’adulterio, perché Carlo è sposato. La Ravera si chiede quale sia il significato del tradimento oggi, epoca in cui il matrimonio non è più un’istituzione. Dalle pagine di “Piangi pure” emerge un rifiuto della giovinezza come unica età lecita per vivere pienamente la propria vita, una rivendicazione di alcuni spazi considerati tabù, come quello della sensualità, anche per gli anziani, sempre più numerosi nella società.  C’è anche però un dire no allo scimmiottarsi tra generazioni. Come dire che per ogni età c’è un modo preciso di vivere i diversi aspetti della vita. Ancora una volta la Ravera lotta contro gli stereotipi e le ipocrisie per l’affermazione delle libertà personali, soprattutto delle donne, temi che dal suo esordio non ha abbandonato.

 

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