Venerdì scorso, 3 maggio, è stata celebrata la Giornata mondiale per la libertà di stampa, e per l’occasione le principali testate giornalistiche dedicavano ampio spazio al numero di reporter che hanno perso la vita durante il 2012, o dei quali non si hanno più notizie da diverso tempo.
Oggi io non parlerò in cifre, non amo i numeri, soprattutto se quei “numeri” sono persone, individui che, in questo caso, non fanno altro che il loro lavoro, per dare a noi la possibilità di conoscere veramente cosa succede in questo mondo così confuso e disordinato. Voglio soffermarmi invece su questo diritto, di cui TUTTI dovremmo godere, che spesso ignoriamo perché siamo troppo di corsa, troppo impegnati nella nostra individualità.
Quando parliamo di libertà di stampa intendiamo, per definizione, “una delle garanzie che ogni Stato di diritto, assieme agli organi d’informazione (giornali, radio, televisioni, provider internet) dovrebbe garantire ai cittadini ed alle loro associazioni, per assicurare l’esistenza della libertà di parola e della stampa libera”.
Di questo argomento, in Italia se ne parlò per la prima volta tra il 1847 e il 1848, grazie a dei provvedimenti che limitarono la censura preventiva. In seguito lo statuto Albertino e l’Editto sulla stampa di Carlo Alberto di Savoia, misero le basi alla legislazione sulla libertà di stampa nel Regno d’Italia. Con l’avvento del fascismo ovviamente questo diritto venne ampiamente violato e abolito, e solo nel 1948 venne ripristinato grazie all’entrata in vigore dell’ art. 21 della Costituzione Italiana, che lo tutela. Suddetto articolo, nella prima parte, sancisce che “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.
Facendo parte dell’Unione Europea, l’Italia si impegna anche a rispettare l’articolo II-71 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, che riconosce la “libertà di espressione e d’informazione”.
Da cittadina italiana, però, osservando la mappa della libertà di stampa nel mondo del 2012, pubblicata da Reporters sans Frontieres, mi chiedo: dato che la libertà di espressione è un mio diritto, come mai l’Italia rientra in quella fascia dal colorino arancione, che evidenzia i Paesi in cui il problema è notevole?
Semplice, la Carta Costituzionale italiana, a differenza della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e da quella dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, prevede dei limiti per i quali solo la magistratura può prendere una decisione di intervento facendo, poi, entrare “in campo” le forze dell’ordine. Ed è proprio per questo, e non solo, che ci troviamo di fronte ad una situazione ambigua, fiancheggiando, a livello internazionale, alcuni Paesi del terzo mondo, e ascoltando passivamente notizie che ci giungono per lo più filtrate.
Già, perché probabilmente lo ignoriamo, ma quanti giornalisti in Italia vivono in un regime di protezione? Quanti vengono posti sotto censura? E l’informazione indipendente dov’è finita? Di questa sono rimasti soltanto pochi e piccoli focolai accesi, ma questo ci basta? A me no.
Penso che nel ventunesimo secolo, in un Paese che si dichiara democratico non bisognerebbe sentire nemmeno nominare parole, ma soprattutto idee, tipo “legge bavaglio”, “censure”, etc. Dovremmo essere liberi di leggere dieci giornali, ascoltare venti telegiornali e sentire la stessa notizia esattamente com’è nella realtà, il più oggettiva possibile, senza che nessuna forza politica, o chi per essa, l’abbia già ritoccata. Dovremmo essere liberi di essere, perciò, realmente informati. Dovremmo essere liberi soprattutto di esercitare un nostro diritto!